19/01/14

sfogline prestate all'agricoltura

Dopo aver prestato le nostre braccia alla pastificazione, eccole tornare all'agricoltura. Forse agricoltura è una parola grossa, diciamo a un campo. 
Iride caccia le infestanti col pensiero
Laura verifica che sia cresciuto qualcosa   









Si fa presto a pianificare piani bi, poi succede che decidi di farlo davvero e ti accorgi che le cose non vanno come avevi immaginato. O no?!
Comunque sia, una vita è troppo poca, non ci basta, ci sono troppi mestieri da imparare. Mettersi nei panni degli altri può essere molto utile, ma faticoso.
Quando il tuo lavoro non è legato al tempo atmosferico, il fatto che piova può solo metterti di cattivo umore, oppure farti prendere l'ombrello, o farti uscire in macchina invece che a piedi. Ma se il tuo lavoro dipende dalla pioggia, dal vento, dai nubifragi, dal freddo improvviso, perchè potresti non mangiare, o perdere dei soldi. Beh allora la cosa cambia!

Vi sentite un po' confusi? Andiamo con ordine. Come avete letto in un post precedente, abbiamo trascorso un anno un po' burrascoso, diciamo. Ma siamo sempre noi, le sfogline di PNS, che abbiamo deciso di fare un'esperienza agricola. Ci troviamo in Sardegna e stiamo coltivando la terra, insomma abbiamo seminato un po' di ortaggi: spinaci, piselli, insalate, cime di rapa, patate, fave, finocchi, broccoli e bieta da costa. Dopo un panico iniziale, dovuto alle continue piogge a una settimana dalla semina, tra le infestanti si sono fatte largo le nostre piantine.
Cosa abbiamo imparato? I semenzai, se esistono, vanno usati. In Sardegna il tempo è mite, ma non a Novembre. La Sardegna è bella, ma il lavoro non c'è. (cit.)
Cosa fare allora? Vorremmo trovare un'idea travolgente, che abbia la stessa forza della plastica squagliata di Burri. Coltivare degli ortaggi così buoni, che nessuno ne ha mai mangiato. Trovare un modo di coltivazione che rivoluzioni l'agricoltura mondiale. Coltivare un grano così antico, che non c'è nemmeno nei libri di Storia. Da questo grano, farci una farina che fa dimagrire se ne mangi quintali, e ti fa più bella, forse immortale, ma non vorrei esagerare. Mentre discutiamo su come svoltare la nostra carriera di braccianti agricole, ci capitano per le mani tre chili di bacche di mirto.
Ci vorrebbe un idea rivoluzionaria, trasformare queste bacche in qualcosa che la gente non ha mai visto, in un qualcosa al quale le persone non possano più rinunciare. Un qualcosa bello da vedere, e buono da gustare. Un qualcosa che faccia conoscere la Sardegna al mondo intero per l'utilizzo furbo di questa bacca. Che se ci sono un tedesco, uno spagnolo e un milanese e tu dici mirto, il milanese pensa subito alla Sardegna, ma anche il tedesco eh! 
Oppure mi affido alla tradizione vecchia di un secolo e faccio il liquore di Mirto, ma lo chiamo M'orto, o Mirt'orto? Perchè la campagna c'entra sempre. Crescerà anche spontaneamente, l'arbusto, ma ci vuol sempre qualcuno che lo raccolga.
Allora ci affidiamo alla scarna ricetta, meglio se fotocopiata, della zia, per preparare litri di mirto.
  • 700 g. di bacche di mirto
  • 1 L. di alcool
  • 1 L. e mezzo di acqua
  • 600 g. di zucchero (se ne possono usare anche 500 g. dipende dai gusti)
Mettete a macerare le bacche di mirto nell'alcool per quaranta giorni, dopo averle lavate. Mettetevi un promemoria, oppure scrivetelo nel calendario. Passato questo tempo fate bollire l'acqua, scioglieteci dentro lo zucchero, fatela raffreddare. Filtrare l'alcool e aggiungetelo all'acqua zuccherata, ormai fredda. Conservate al riparo da sguardi ingordi, per almeno dieci giorni. Ora potete berlo!
bacche di mirto, prima del lavaggio
 Se vi dico mirto, voi a cosa pensate?






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